Ma cosa andate dicendo dalle vostre bocche?
Cosa elaborano le vostre milioni di menti negli attimi che vivo?
Siate pazienti, parlatemi.
Dei giorni in cui non mi siete davanti.
Delle ore. Per sempre, le ore.
Vi accorgete di come traboccano nei giorni?
E di come tutto questo, che chiamiamo vita,
vi corre sul volto al ritmo sfrenato di uno stupro?
Sento sorridere le vostre anime infuocate
dallo spettacolo che da sempre
impazzisce nel cuore di chi vi conosce.
Come posso ignorarvi, piccolissimi demoni?
Stanotte fantasticherò la vostra apocalisse.
Domani, fischiettando, vi darò il buongiorno.
Simpatici topi, tornate pure nelle vostre tane,
che sempre più assomigliano ai girotondi delle mie orecchie.
Domani, e sempre domani.
Per quanti domani conosceranno i miei occhi
sarete lì,
compagni di specie,
come buffi miraggi di pietra,
vestiti di tutto punto con gli abiti della vita.
Ma nudi di morti.
Chi di voi seppellirà
questo corpo martoriato dal risveglio della ragione?
Tossirò anche sottoterra quei pezzetti di vita
che mi hanno affogato in questa.
Non siate diffidenti di giacere al mio fianco.
La mia puzza non fermerà la vostra musica.
Così serete i miei cherubini infernali.
Così sarete miei fratelli.
Quei timidi fratelli che hanno avuto il coraggio di essere Edipo,
per arrischiarsi nella paternità bastarda di se stessi.
Gustave Doré, Illustration for John Milton’s "Paradise Lost", 1866.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Oedipus and Sphinx. 1808. Oil on canvas. Louvre, Paris, France.